Neuromarketing e l’importanza della percezione
Il Neuromarketing è una disciplina giovane, nasce nel 2002 grazie agli studi di Ale Smidts, professore di Marketing Research alla Rotterdam School of Management.
Si tratta di una branca della neuroeconomia che fonde neurologia, psicologia e marketing al fine di monitorare cosa succede nel cervello delle persone durante l’esperienza di acquisto o rapportandosi
ad un particolare spot, brand, prodotto e campagna. Il fine chiaramente è quello di ottimizzare le strategie di marketing andando oltre il livello conscio delle persone per mirare direttamente ai bisogni inespressi e inconsci.
Quali sono gli strumenti utilizzati dal Neuromarketing?
Per rilevare le attività celebrali, il brain imagining e le reazioni cognitive- emozionali di una persona vengono utilizzati l’elettroencefalografia (EEG-Biofeedback) e la risonanza elettromagnetica funzionale
(FMRI, Functional Magnetic Resonance Imaging
L’EGG rileva il movimento degli impulsi elettrici tra neuroni nell'area corticale del cervello, ossia quella più esterna. Permette di recepire emozioni come rabbia, eccitazione e dolore. Tuttavia, non è accurato come
l’FMRI che permette di andare in profondità leggendo il centro del piacere attraverso un magnete.
Questi due strumenti, uniti all’EyeTracking - che traccia il movimento oculare - e alla capacità analitica della Psicologia e della Sociologia Comportamentale portano alla comprensione di come il nostro comportamento
subconscio prenda per la maggior parte delle volte il sopravvento sul nostro comportamento conscio e razionale.
Uno dei più celebri case study relativi all’utilizzo delle tecniche di Neuromarketing riguarda l’esperimento svolto nel 2004 tra i due più grandi colossi dell’industria del beverage internazionale: Coca cola versus Pepsi.
L’esperimento ha confrontato la percezione dei consumatori e il potere del Brand per capire come gli aspetti culturali dell’individuo possano influenzarne il giudizio. I risultati ottenuti hanno regalato alla letteratura
del marketing importanti considerazioni sul reale potere del brand nel condizionare le percezioni dei consumatori.
Il campione analizzato ha dimostrato una chiara preferenza per la bevanda Pepsi se il prodotto veniva testato senza conoscere la marca bevuta. Al contrario, se gli utenti erano messi a conoscenza della marca, il 75%
sosteneva di preferire Coca Cola, oltre a mettere in funzione aree del cervello legate all’autostima ed emozioni positive.
A guidare i gusti e i comportamenti d’acquisto del consumatore non erano dunque le reali caratteristiche organolettiche del prodotto, ma le esperienze che avevano condiviso con il brand e le aspettative legate all’immagine
e ai valori che le due bibite si erano create in anni di spot pubblicitari. Insomma, il reale terreno di gioco per i due colossi non è quello del prodotto, ma della brand awareness, della percezione che sono in grado di
trasmettere.